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Dalla pandemia all’opportunità: se il centro di emergenza è in telelavoro

Aggiornamento: 28 giu 2021


La pandemia ha fatto aumentare in tutto il mondo il lavoro da remoto, ma è anche capitato che il lavoro da remoto servisse a combattere la pandemia. Com’è noto per chi ha seguito le nostre news, nel 2020 con la diffusione del Covid-19 in Israele il Centro Emergenze di MDA si è trovato ad affrontare nel giro di poche settimane un aumento esponenziale delle chiamate di emergenza. Alla fine del 2019 la media annua era di 2,1 milioni di chiamate (una media di 6.000 al giorno), dieci mesi dopo nel 2020, erano 8 milioni, sfiorando in certi giorni le 100.000 richieste. MDA si è mobilitata per reclutare e formare tutto il personale possibile per rispondere a questo aspetto dell’emergenza, e per collocare tutto il nuovo personale senza il rischio di creare nuovi focolai.

MDA ha cominciato a delocalizzare i call center in strutture esterne, ma proprio la pandemia ha suggerito la soluzione migliore con l'aumento della telemedicina e del telelavoro. Tuttavia collegarsi per rispondere a una chiamata di emergenza, seguire con attenzione le esigenze del paziente, coordinare i soccorsi e le equipe coinvolte fino all’ospedale, non è come fare una videoconferenza su zoom, specie utilizzando un sistema tecnologicamente avanzato come quello in uso da MDA.

MDA ha cominciato ad affrontare il problema studiando le esperienze precedenti come quella del Centro di comunicazione e coordinamento delle emergenze (Notruf Niederosterreich) nell’Austria Meridionale che nel 2017 ha dato agli operatori la possibilità di lavorare da casa. Durante la pandemia, l’associazione austriaca era così riuscita a far lavorare da remoto 105 operatori su 160.

La sfida richiesta al team di Magen David Adom per introdurre il telelavoro era però molto più impegnativa dell’esperimento austriaco, il tempo era minore e i numeri coinvolti molto più alti. Il team di MDA ha cominciato a risolvere il problema sviluppando un sistema CAD (Computer-Aided Dispatch) su laptop. Lo strumento faceva parte di un kit che comprendeva anche cuffie e dispositivi di sicurezza per l’accesso alla rete, con la possibilità di ricevere foto, video ed effettuare e-call a casa propria. Una volta che l’operatore entrava in rete, era virtualmente parte del pool di tutti gli operatori d’emergenza in Israele. “Il nostro sistema funziona da qualsiasi località. Quando si compone il numero di emergenza, il responsabile della chiamata può essere ovunque nel paese, perché lavora sullo stesso sistema integrato. Se sei uno dei nostri interlocutori qualificati, non c'è differenza tra lavorare sul sistema CAD da casa o nel call center." Spiega Ido Rosenblat, Chief Information Officer, MDA

L'importanza cruciale di questa misura è apparsa persino più necessaria quanto Ido ha ricevuto una telefonata dal Direttore di una regione (MDA opera in Israele divisa in otto regioni), in cui si annunciava che il call center regionale era stato messo in quarantena. Il team ha verificato che tutti gli addetti alle chiamate coinvolti soddisfacessero le condizioni richieste per il telelavoro (buona connessione a Internet, un posto tranquillo dove lavorare senza interruzioni per turni di 4 ore) e ha cominciato a distribuire i kit.

Poi, abbiamo iniziato a pensare, cosa succede se un terzo dei call center viene chiuso? Abbiamo preparato più kit. Era un’ipotesi spaventosa ma se hai un problema, lo risolvi. Se ne hai un altro, risolvi anche quello. In seguito, mi sono sentito a mio agio sul fatto che fossimo comunque preparati e che potessimo continuare a fornire lo stesso livello di servizio, qualunque fosse la condizione in cui ci potevamo trovare. Quindi, sebbene il COVID-19 abbia creato una situazione terribile, abbiamo scelto di vederla come un'opportunità per implementare cambiamenti e creare nuove soluzioni per salvare vite".

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