La Banca del Sangue di Ramle: i sogni hanno preso forma, ed è bellissima…
Aggiornamento: 22 dic 2021
Di Sami Sisa
Uno dei progetti più importanti di sempre per Magen David Adom, la grande banca del sangue di Ramle, è ormai praticamente completato. Un edificio destinato ad ospitare in assoluta sicurezza tutto il plasma occorrente al Paese, diventare il principale centro logistico per le emergenze in Israele, e fare ricerca ad altissimo livello. Lo ha visitato in anteprima Sami Sisa, Presidente di MDA Italia. Ecco il suo reportage che ci conduce in anteprima in una struttura straordinaria sotto molti punti di vista.
Ho avuto il piacere di visitare la nuova Banca del Sangue di Ramle il 26 ottobre insieme al direttore dei lavori Alon Friedman. Mi sono quasi commosso davanti a una struttura pensata in modo così perfetto e realizzata così bene. Niente è stato risparmiato, ogni elemento che compone l’edificio è della migliore qualità possibile.
Quello che impressiona maggiormente sono i criteri di estrema sicurezza con cui è realizzata la costruzione. Sicurezza per chi vi lavorerà e per tutto quello che dovrà contenere, a cominciare dal plasma destinato a coprire il fabbisogno dell’intera nazione: vale a dire tutti gli ospedali pubblici e le necessità dell’IDF. La Banca del Sangue è un punto nodale per la difesa, ma anche per la medicina e per la salute di Israele. Nulla a che vedere con la vecchia sede nell’ospedale di Tel Hashomer che, pure essendo una struttura medica all’avanguardia, non dava le stesse garanzie di sicurezza, tanto che in passato era stata raggiunta da missili sparati da Gaza e dal Libano. Inoltre, oggi serve una Banca del Sangue che possa servire una popolazione passata dal 1990 a oggi da 4 a 9 milioni di abitanti. Questa struttura garantirà il sangue a tutta Israele almeno per i prossimi 30 anni.
Una struttura pensata per resistere a qualunque minaccia
La costruzione ha tre piani visibili e tre piani strategici interrati pensati per massimizzare la sopravvivenza e il lavoro in condizioni estreme di attacco o di catastrofe naturale. Del resto tutta la struttura è stata progettata da uno dei massimi esperti di Banche del Sangue a livello mondiale e ha avuto la consulenza del Pikud HaOreh l’agenzia israeliana che si occupa della sicurezza interna.
Una parte della strategia dell’edificio per resistere a tutto si basa sulla ridondanza dei sistemi. Ogni cosa è raddoppiata: esistono due laboratori per l’elaborazione del sangue, due magazzini per la conservazione del plasma… Ci sono portelli blindati in grado di chiudersi in pochi secondi, le linee elettriche arrivano all’edificio da città diverse, in modo da essere totalmente indipendenti, ma anche se mancasse l’energia in tutta Israele il palazzo dispone al sottolivello più basso di tre generatori che permettono di lavorare ancora per tre giorni senza corrente più un altro in grado di entrare in funzione se anche questi si guastassero.
Quello stesso livello ospita una capsula schermata, completamente indipendente da tutto il resto della struttura, con propri filtri dell’aria e un proprio generatore che costituisce l’ultimo spazio di lavoro e di magazzino per il plasma nel caso tutto il resto dovesse essere compromesso.
La cosa strabiliante è la quantità di spazio disponibile, ovunque ci sono escape road che permettono di passare da una parte all’altra della struttura in pochi secondi, di continuare il lavoro senza mai fermarsi e nel contempo permettono al personale una buona dose di confort. Ci sono bar, docce (comprese quelle di decontaminazione in caso di attacco chimico o biologico) e nei piani superiori troviamo una scuola per i flebotomisti, uffici, strutture logistiche e un ristorante, enorme.
Un centro ematologico mondiale
Dobbiamo ricordarci che questo luogo servirà non solo come banca del sangue e banca del latte materno, ma ospiterà tutta la logistica dell’emergenza israeliana. Inoltre sarà un centro ematologico collegato con tutte le strutture di questo tipo sul pianeta, compreso quello di Bristol, punta di diamante nelle ricerche sul sangue. Già oggi questa rete ha contribuito a straordinari passi avanti in Israele sullo studio del plasma. Qui sono stati trovati sottogruppi che non esistono da nessuna altra parte. Questo perché la ricchezza etnica di Israele è unica, con 154 etnie diverse che coesistono e ne fanno il più vasto bacino di ricerca in questo campo che esista sulla Terra. Quello che sarà studiato qui potrà avere risvolti sulla ricerca scientifica a livello mondiale aiutando tutti gli abitanti del pianeta.
I prossimi step
I primi macchinari cominceranno ad essere messi in opera a partire da gennaio ed entro il 22 maggio il personale comincerà ad occupare l’edificio. L’inaugurazione è prevista per fine maggio e personalmente non posso perdermela: ho avuto l’onore di firmare con altre 21 persone, di MDA e del governo israeliano, un impegno per completare la struttura in tempo. Una pergamena che è stata cementata insieme alla prima pietra e questo mi rende ancora più orgoglioso di aver partecipato a questa impresa, di aver assistito alla sua costruzione ed ora di vederla terminata. Questo non è soltanto un regalo per MDA, è un regalo per tutta la popolazione Israele e per il mondo intero.
Eliat Shinar
Non posso concludere il mio racconto senza parlare dell’angelo ispiratore di questo progetto: la professoressa Eilat Shinar, ematologa di fama mondiale, direttore del centro trasfusionale israeliano e della Banca del Sangue, ha lottato ogni secondo della sua vita affinché ci fosse sempre il sangue necessario per chiunque ne avesse bisogno. L’ho vista personalmente occuparsi delle spedizioni di plasma per i territori palestinesi, inviare cordone ombelicale in Turchia e in Giordania e fare delle cose incredibili per far arrivare in tempo un’unità di sangue dove serviva. Per lei non esistono differenze di etnie o paesi, per lei l’unica cosa che conta è salvare il maggior numero di vite. Ogni sera scrive un bigliettino con la cifra di quanto sangue è contenuto negli ospedali israeliani e lo mette sotto il cuscino. Dobbiamo a lei questa splendida realizzazione che fa onore alla nostra civiltà.
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