Salvare vite è nel nostro DNA: visita alla sede centrale del Magen David Adom a Gerusalemme

Ghila Schreiber, studentessa della facoltà di Scienze della Comunicazione all'Univeristà Statale di Milano, racconta la sua visita alla sede centrale del Magen David Adom di Gerusalemme.
La sua esperienza è stata pubblicata recentemente su HaTikwa, il giornale dei giovani ebrei d’Italia.
“Salvare vite è nel nostro Dna”: visita alla sede centrale del MDA a Gerusalemme
di Ghila Schreiber
"Per salvare una vita non c'è una seconda opportunità". Sono queste le parole che mi accolgono sbirciando in una classe, all'inizio della mia visita alla sede centrale del Maghen David Adom a Gerusalemme, il primo intervento sanitario d’Israele. Si tratta di un promemoria per i giovani studenti: il tempo è un fattore fondamentale nella gestione dei soccorsi; prima si agisce meglio è.
I corridoi sono pieni di ragazze che chiacchierando si affrettano nelle varie aule ed io vengo gentilmente invitata da una madrichà e operatrice MDA ad assistere brevemente a una lezione di un gruppo di studentesse che presto diventeranno paramedici nel servizio civile. Infine mi incontro con Yehonathan e Tamar, due giovani volontari che svolgono a loro volta il servizio civile nelle ambulanze. Mi raccontano la missione di questo ente non-governativo che, basandosi soprattutto sulla filantropia dei vari donatori in giro per il mondo, si adopera a soccorrere e salvare le vite dei cittadini israeliani, senza distinzioni di provenienza.
Il valore attribuito alla vita umana, non si riflette solo nell'apporto di cure rapide alle vittime di incidenti stradali e attentati terroristici, bensì anche nel sostegno agli individui più fragili, con visite agli anziani e supporto emotivo ai malati (per esempio con il progetto delle "Wish Ambulances", che hanno lo scopo di esaudire i desideri dei pazienti più gravi, nel tentativo di tenere alto il loro morale), oltre che con l'impegno nella raccolta del sangue e del latte materno. Yehonathan e Tamar mi dicono che il loro intervento è spesso rivolto alle persone che hanno bisogno anche solo di compagnia, qualche parola di conforto in una vita di solitudine e difficoltà. Entrambi hanno infatti scelto questa organizzazione per il servizio civile perché offre loro la possibilità concreta di fare del bene al prossimo.
Il lavoro dei soccorritori è strettamente legato al concetto di "pikuach nefesh", uno dei più fondamentali princìpi ebraici, che pone la vita al primo posto in ogni situazione. Infatti quasi ogni comandamento religioso (a eccezione principalmente del divieto di uccidere, commettere idolatria e adulterio) può essere infranto per salvare la vita di un essere umano, in quanto salvare vite è un comandamento positivo in sé.
Per questo, anche grazie a una speciale applicazione chiamata "Zivtei MDA", i volontari del MDA possono venire informati delle dinamiche in corso e offrire soccorso quando e dovunque si trovino, indifferentemente dal fatto che sia di shabbat, Hag (festa), mattino o nel cuore della notte. Ogni situazione è particolare e ognuno di loro viene preparato a fare sempre del proprio meglio per assistere le persone. È successo a Yehonathan, svegliato di fretta e furia un giorno dell'anno della sua mechinà nella Città Vecchia, all'alba di un attentato terroristico; ma anche a Tamar, per la stessa causa, di stanza nell'insediamento di Bnei Reim circa un anno fa.
La nostra visita prosegue, passiamo per dei piccoli memoriali in onore dei soccorritori vittime di attentati o della guerra, dal reparto di donazione del sangue fino al dipartimento di simulazione. Grande importanza viene infatti attribuita alla formazione degli operatori MDA, che affinché ricevano un'accurata preparazione alle difficoltà da affrontare, hanno a disposizione molteplici reparti con simulatori di guida delle ambulanze e di incidenti, provvisti di manichini e attrezzature.
C'è poi il parcheggio delle ambulanze e delle auto di soccorso, il luogo di raccolta delle divise da lavare e infine la centrale operativa, dove si svolgono le comunicazioni tra gli operatori MDA e le persone in attesa di soccorso. Mentre diamo uno sguardo, assistiamo a un'operatrice che cerca di accertarsi della situazione: la persona respira? È cosciente? Chi è che piange sullo sfondo?
Il lavoro è frenetico e coinvolgente, spinge a desiderare di poter contribuire. A questo scopo, il MDA offre un programma internazionale di volontariato per i giovani dai 18 ai 30, che prevede un periodo di training e alcune settimane di operatività nelle ambulanze.
Ecco quindi come i sorrisi con cui vengo accolta sono gli stessi che ogni giorno dedicano parte integrante del loro tempo al sostegno del prossimo, in un costante intervento che fa la differenza tra una vita in più e una in meno.
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