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Prosegue il progetto Salvare una vita è una cosa da ragazzi col corso sull’uso del defibrillatore per le classi quinte della scuola secondaria di secondo grado della Comunità ebraica di Milano




Si è concluso mercoledì 17 aprile il corso sull’uso del defibrillatore, che comprende la rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione precoce, organizzato dall’Associazione Amici di Magen David Adom Italia ETS per le classi quinte della Scuola Ebraica di Milano, in collaborazione con Intervol, grazie al sostegno dell’AME (Associazione medica ebraica) e col patrocinio dell’UCEI.


Il corso si è articolato in due sessioni di due ore e mezza ciascuna, una teorica e l’altra pratica. Durante la prima giornata la formatrice Gabriella Corti ha spiegato ai ragazzi la necessità della conoscenza delle manovre di primo soccorso da parte della popolazione per poter intervenire in caso di emergenza. In particolare, data l’alta incidenza di mortalità a seguito di arresto cardiaco (60 mila casi in Italia ogni anno), è necessario che le nozioni di base della rianimazione cardio-polmonare diventino parte delle conoscenze delle persone. A fianco e in modo complementare alla rianimazione c’è l’uso del defibrillatore semi-automatico o automatico esterno (DAE) a partire dai 18 anni, età minima richiesta per operarlo. La diffusione capillare dei defibrillatori (mappati da una speciale anagrafica di cui le centraline 112 sono in possesso) consente, insieme alle manovre di rianimazione, di salvare la vita della persona colpita da Arresto Cardiocircolatorio (ACC) e soprattutto di limitare i danni, irreversibili, al cervello e agli altri organi che tale arresto comporta. Infatti, nell’episodio di arresto, il cuore smette di battere o batte in modo inefficace (sequenze troppo rapide o disorganizzate) e il sangue non circola. Questo significa che viene a mancare l’ossigenazione dei tessuti e ne risulta il loro danneggiamento entro pochi minuti (specialmente nel caso del cervello).


La formatrice ha illustrato ai ragazzi, col supporto di filmati e schede riassuntive per punti e immagini (contenute in una dispensa a loro disposizione) come avviene tipicamente un arresto cardiaco e la sequenza di azioni da intraprendere per assicurare la salvezza della persona (nei limiti del possibile) e scongiurare i danni ai suoi tessuti/organi. Si chiama catena della sopravvivenza e sono sufficienti poche ore di formazione per apprenderla e sapere come agire. Essenziali sono la rapidità e correttezza delle procedure di soccorso.


La formatrice ha spiegato che, constatato lo stato di incoscienza della persona (non respira, o il respiro è inefficace, e non risponde in alcun modo), si deve iniziare immediatamente con cicli di 15 o 30 Compressioni Toraciche Esterne (CTE), fermandosi per delle ventilazioni (immettere aria nei polmoni) assicurandosi di proteggersi adeguatamente con mascherine per non contrarre qualche malattia durante il soccorso. Alla domanda dei ragazzi se fosse sempre necessaria questa respirazione (chiamata in passato “bocca a bocca”), la formatrice ha risposto che sarebbe meglio eseguirla, ma è meno importante del massaggio cardio-circolatorio. Questo deve continuare fino a che non viene portato un defibrillatore. L’apparecchio ci fornisce istruzioni precise su come preparare il torace della persona a ricevere la scossa (liberare il petto dagli indumenti, raderlo se necessario, applicare le piastre e azionare la scarica). Una volta effettuata, il massaggio deve riprendere. Scosse e compressioni devono alternarsi fino all’arrivo dell’ambulanza o dei soccorsi. In caso di sfinimento fisico (occorre praticare il massaggio applicando tutto il proprio peso sullo sterno), si deve chiedere a chi è vicino a noi di continuarlo per darci modo di riposare.


I ragazzi hanno dimostrato molto interesse per la parte teorica del corso, ponendo molte domande. In particolare, si sono chiesti se fosse possibile intervenire senza essere ben sicuri di cosa fare o con il timore di far male alla persona. La formatrice, puntualizzando che astenersi dal provare a salvare una persona è perseguibile penalmente (omissione di soccorso), ha rassicurato gli studenti che la circostanza di un arresto cardiaco è la peggiore possibile, perché la morte avviene entro pochi minuti e i danni agli organi (primo il cervello) da mancanza di ossigeno sono talmente gravi e irreversibili che rischiare di rompere delle costole con un massaggio non eseguito bene è meno importante di provare a comprimere manualmente il cuore e ossigenare il sangue della persona.


Altre domande hanno riguardato il funzionamento del defibrillatore, come posizionare la persona, la necessità di muovere l’infortunato se la situazione è pericolosa (presenza di acqua, possibili crolli, fughe di gas,…). La formatrice ha sottolineato più volte come la priorità, in caso di incoscienza, sia di iniziare al più presto le compressioni ritmiche al torace e applicare la scossa del defibrillatore, che non la emetterà se non ce ne sarà bisogno (in quanto è in grado di analizzare i movimenti del cuore e stabilire se rilasciare o meno la scossa).


La parte pratica ha previsto delle prove su dei manichini col supporto di due formatrici, Monica Balac e Silvia Pusceddu. I ragazzi hanno provato uno dopo l’altro tutta la sequenza, cominciando con la costatazione di assenza di respiro, poi mettendo la persona in sicurezza (e asciugandola se bagnata), simulando la chiamata dei soccorsi al 112, praticando il massaggio e quindi usando il defibrillatore.


Con l'auspicio, dal prossimo anno, di poter inserire le ore di formazione al primo soccorso e all’uso del DAE tra quelle curriculari affinchè possano divenire parte del bagaglio culturale e della coscienza civica di ciascun studente.





 

 

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