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Già un mese fa il Jerusalem Post aveva riportato l'appello che il Magen David Adom aveva lanciato, perché le riserve di sangue stavano diminuendo e urgeva una nuova campagna di donazioni.


Questa diminuzione dell'afflusso attuale di sangue pone una sfida per il MDA, che ha lanciato un nuovo appello il 25 aprile 2024, ai cittadini affinché vadano a donare.

Non è usuale che si doni sangue durante la festività di Pesach; tuttavia la situazione richiede uno sforzo in più da parte della popolazione.


Il Magen David Adom provvede a tutte le richieste di soccorso nel paese e fornisce il sangue per le trasfusioni a tutti gli ospedali e alle Forze di Difesa di Israele (IDF).

 

Il sangue è essenziale nel trattamento delle ferite maggiori, purtroppo all'ordine del giorno dal 7 ottobre. La domanda di dosi di sangue è infatti più che quadruplicata dall'inizio del conflitto. Ogni dose può salvare la vita fino a 3 feriti.

 

Di seguito il link all'articolo apparso sul Jerusalem Post:

 

 

L'articolo del 25 aprile di The Times of Israel:

 


Per ricevere informazioni su dove e quando donare sangue in Israele è possibile contattare i Servizi Trasfusionali del Magen David Adom al numero 03-5300400, o visitando www.mdais.org/blood-donation.

 






Si è concluso mercoledì 17 aprile il corso sull’uso del defibrillatore, che comprende la rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione precoce, organizzato dall’Associazione Amici di Magen David Adom Italia ETS per le classi quinte della Scuola Ebraica di Milano, in collaborazione con Intervol, grazie al sostegno dell’AME (Associazione medica ebraica) e col patrocinio dell’UCEI.


Il corso si è articolato in due sessioni di due ore e mezza ciascuna, una teorica e l’altra pratica. Durante la prima giornata la formatrice Gabriella Corti ha spiegato ai ragazzi la necessità della conoscenza delle manovre di primo soccorso da parte della popolazione per poter intervenire in caso di emergenza. In particolare, data l’alta incidenza di mortalità a seguito di arresto cardiaco (60 mila casi in Italia ogni anno), è necessario che le nozioni di base della rianimazione cardio-polmonare diventino parte delle conoscenze delle persone. A fianco e in modo complementare alla rianimazione c’è l’uso del defibrillatore semi-automatico o automatico esterno (DAE) a partire dai 18 anni, età minima richiesta per operarlo. La diffusione capillare dei defibrillatori (mappati da una speciale anagrafica di cui le centraline 112 sono in possesso) consente, insieme alle manovre di rianimazione, di salvare la vita della persona colpita da Arresto Cardiocircolatorio (ACC) e soprattutto di limitare i danni, irreversibili, al cervello e agli altri organi che tale arresto comporta. Infatti, nell’episodio di arresto, il cuore smette di battere o batte in modo inefficace (sequenze troppo rapide o disorganizzate) e il sangue non circola. Questo significa che viene a mancare l’ossigenazione dei tessuti e ne risulta il loro danneggiamento entro pochi minuti (specialmente nel caso del cervello).


La formatrice ha illustrato ai ragazzi, col supporto di filmati e schede riassuntive per punti e immagini (contenute in una dispensa a loro disposizione) come avviene tipicamente un arresto cardiaco e la sequenza di azioni da intraprendere per assicurare la salvezza della persona (nei limiti del possibile) e scongiurare i danni ai suoi tessuti/organi. Si chiama catena della sopravvivenza e sono sufficienti poche ore di formazione per apprenderla e sapere come agire. Essenziali sono la rapidità e correttezza delle procedure di soccorso.


La formatrice ha spiegato che, constatato lo stato di incoscienza della persona (non respira, o il respiro è inefficace, e non risponde in alcun modo), si deve iniziare immediatamente con cicli di 15 o 30 Compressioni Toraciche Esterne (CTE), fermandosi per delle ventilazioni (immettere aria nei polmoni) assicurandosi di proteggersi adeguatamente con mascherine per non contrarre qualche malattia durante il soccorso. Alla domanda dei ragazzi se fosse sempre necessaria questa respirazione (chiamata in passato “bocca a bocca”), la formatrice ha risposto che sarebbe meglio eseguirla, ma è meno importante del massaggio cardio-circolatorio. Questo deve continuare fino a che non viene portato un defibrillatore. L’apparecchio ci fornisce istruzioni precise su come preparare il torace della persona a ricevere la scossa (liberare il petto dagli indumenti, raderlo se necessario, applicare le piastre e azionare la scarica). Una volta effettuata, il massaggio deve riprendere. Scosse e compressioni devono alternarsi fino all’arrivo dell’ambulanza o dei soccorsi. In caso di sfinimento fisico (occorre praticare il massaggio applicando tutto il proprio peso sullo sterno), si deve chiedere a chi è vicino a noi di continuarlo per darci modo di riposare.


I ragazzi hanno dimostrato molto interesse per la parte teorica del corso, ponendo molte domande. In particolare, si sono chiesti se fosse possibile intervenire senza essere ben sicuri di cosa fare o con il timore di far male alla persona. La formatrice, puntualizzando che astenersi dal provare a salvare una persona è perseguibile penalmente (omissione di soccorso), ha rassicurato gli studenti che la circostanza di un arresto cardiaco è la peggiore possibile, perché la morte avviene entro pochi minuti e i danni agli organi (primo il cervello) da mancanza di ossigeno sono talmente gravi e irreversibili che rischiare di rompere delle costole con un massaggio non eseguito bene è meno importante di provare a comprimere manualmente il cuore e ossigenare il sangue della persona.


Altre domande hanno riguardato il funzionamento del defibrillatore, come posizionare la persona, la necessità di muovere l’infortunato se la situazione è pericolosa (presenza di acqua, possibili crolli, fughe di gas,…). La formatrice ha sottolineato più volte come la priorità, in caso di incoscienza, sia di iniziare al più presto le compressioni ritmiche al torace e applicare la scossa del defibrillatore, che non la emetterà se non ce ne sarà bisogno (in quanto è in grado di analizzare i movimenti del cuore e stabilire se rilasciare o meno la scossa).


La parte pratica ha previsto delle prove su dei manichini col supporto di due formatrici, Monica Balac e Silvia Pusceddu. I ragazzi hanno provato uno dopo l’altro tutta la sequenza, cominciando con la costatazione di assenza di respiro, poi mettendo la persona in sicurezza (e asciugandola se bagnata), simulando la chiamata dei soccorsi al 112, praticando il massaggio e quindi usando il defibrillatore.


Con l'auspicio, dal prossimo anno, di poter inserire le ore di formazione al primo soccorso e all’uso del DAE tra quelle curriculari affinchè possano divenire parte del bagaglio culturale e della coscienza civica di ciascun studente.





 

 

Evento di solidarietà a sostegno del MDA| 4 aprile 2024



Si è tenuta il 4 aprile una serata di solidarietà a favore del Magen David Adom – il Servizio Nazionale di Emergenza Medica in Israele – organizzata dagli Amici di Magen David Adom Italia e che ha visto riuniti rappresentanti della Comunità Ebraica di Milano, illustri personalità vicine a Israele e grandi donatori.


“Una serata a sostegno del Magen David Adom è una cosa importante” ha detto il Rabbino Capo della Comunità di Milano, Rav Alfonso Arbib. “Sostenere il MDA significa sostenere un valore fondamentale della tradizione ebraica: l’importanza della vita umana. E questo è dimostrato da una regola. Non si può vendere un Sefer Torà tranne che in un caso: per salvare una persona rapita. Se serve per pagare il riscatto, si può vendere un Sefer Torà. E questo perché l’ebraismo ha sempre messo al centro la salvezza umana.”


Il Dott. Ferruccio De Bortoli, Presidente Onorario della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, prosegue: “Grazie di questo invito che mi fa molto piacere. C’è da parte mia la massima ammirazione per lo sforzo di solidarietà, di assistenza e di soccorso che è garantito da Magen David Adom e rimango molto colpito da ciò che è stato fatto in maniera straordinaria e da ciò che si propone di fare”, riferendosi all’emergenza provocata dall’attacco del 7 di ottobre e all’immediata reazione del MDA, che ha messo in atto i protocolli per le grandi emergenze. “Israele è una grande democrazia, e abbiamo visto delle manifestazioni contrarie al suo governo in questi giorni. Mi preoccupa l’isolamento internazionale di Israele, perché questo porta ad un indebolimento di Israele in primis, ma anche di tutte le democrazie del mondo. Gli eventi del 7 ottobre sono stati quasi depennati dall’agenda internazionale e questo mi addolora. Ci sono state manifestazioni di antisemitismo che pensavo sinceramente facessero parte della storia […] Abbiamo fatto tanto, ma c’è ancora tanto lavoro da fare. Questo chiama a raccolta le forze democratiche, i valori che ci uniscono nella difesa dei diritti di un popolo. Serate come queste possono aprirci gli occhi e farci stare più vicini. Il fatto di pensare in maniera diversa non deve assolutamente allontanarci. Auspichiamo un dialogo anzi più stretto, più sincero, nella condivisione di valori comuni.”


Una delegazione dal MDA Israele, composta da Yonathan Yagodovsky– Direttore del Dipartimento di Fundraising e delle Relazioni Internazionali del MDA, Shunit Dekel e Ophir Tor – due paramedici volontari che hanno vissuto in prima persona i drammatici eventi del 7 di ottobre, ha spiegato cosa significa ad oggi per il Magen David Adom confrontarsi con la quotidianità del conflitto in atto e con i costi altissimi che esso comporta in termini umani e materiali.


Il Presidente di AMDA Italia, Sami Sisa, ricorda che sono decine di migliaia i razzi lanciati su Israele dall’inizio della guerra e, nonostante la portentosa difesa dello scudo missilistico di Iron Dome, alcuni sono caduti, provocando devastazione. E ogni giorno terroristi isolati sparano sulle persone alle fermate degli autobus e per strada. La tensione e l’allerta sono ancora altissime, e tutto il carico delle emergenze ordinarie e straordinarie poggia sul Magen David Adom, con il costo di 300 mila euro al giorno per mantenere l’efficienza della risposta ed equipaggiare con protezioni adeguate le ambulanze e i soccorritori, vittime del fuoco di Hamas.


Così Yonathan Yagodovsky ringrazia i sostenitori italiani, che dall’inizio del conflitto hanno dato la possibilità di donare ben 4 ambulanze, un’auto medica e 2 moto mediche: “Vorrei ringraziarvi tanto, tanto, tanto. A nome nostro, del MDA, e di tutto il popolo d’Israele. Grazie alla vostra bontà d’animo e alla vostra generosità loro (i soccorritori) possono fare ciò che fanno. Ogni giorno ci sono storie straordinarie del loro eroismo e continuo a scoprirne di nuove. È questo lo spirito particolare che definisce il MDA: persone come voi che aiutano persone come noi a tendere la mano a chi è in difficoltà, a chiunque si trovi nel momento del bisogno. Ricordiamo gli amici che abbiamo perso [tra medici e paramedici, sotto il fuoco diretto dei terroristi, per un totale di 25 ad oggi]. Continueremo a fare tutto ciò che è in nostro potere per ricordarli. Hanno sacrificato la loro vita per salvare quella degli altri, ed è quello che continueranno a fare, anche per merito vostro.”


Due video realizzati da MDA UK hanno mostrato cosa Shunit e Ophir hanno visto quella mattina del 7.10: nel primo è stato recuperato ciò che una telecamera di sorveglianza di un supermercato ha fortunatamente ripreso, cioè le immagini terribili dei terroristi che avanzavano verso civili inermi, facendo fuoco, e come Ophir – che è accorso in loro aiuto – si sia prodigato per mettere al riparo i passanti. Nel secondo Shunit ci mostra il kibbuz Magen, dove è cresciuta e dove è corsa quella mattina del 7.10 per prestare le cure salva vita ai feriti Questo kibbutz dista poche centinaia di metri da quello di Nir Oz, che ha subito l’assalto peggiore dei terroristi e dove un quarto delle persone sono state uccise o prese in ostaggio. Sarebbe accaduto a Magen la stessa cosa se l’unità di difesa lì stanziata non avesse fatto fuoco immediatamente contro i 400 terroristi che avanzavano.


David Zebuloni, giornalista di Libero e del Bet Magazine della Comunità Ebraica, moderatore della serata, ha posto ai due paramedici alcune domande di approfondimento dei video. Probabilmente a tutti infatti è venuto di chiedersi come sia possibile affrontare a livello umano uno scenario tanto terribile, tragico, di morte e distruzione. Ophir ha risposto che la difficoltà è molto grande, a livello emotivo e psicologico, e non è solo dei soccorritori, ma anche di tutte le persone che gravitano intorno a loro, che fanno parte della loro vita.

In questi lunghi mesi non ha mai temuto per la sua incolumità, non ha mai avuto paura. “No, non c’era nessuna paura”, ci racconta. “Non c’era tempo per avere paura, e se si ha paura non si può agire e se non si agisce non si sopravvive. Questo è il motivo per cui sono tornato due volte verso la macchina, per salvare le persone che erano lì [nonostante la presenza dei terroristi a poca distanza, gli stessi che hanno sparato sulle persone all’interno della macchina e su di lui].” Per Ophir l’essenza del MDA è lo spirito ebraico ed israeliano: “MDA nasce dal principio ebraico che chi salva una vita salva un mondo intero. E non fa nessuna differenza se la vita di chi si trova di fronte a me è una vita ebraica o se chi si trova dall’altra parte è una persona cristiana, musulmana o se addirittura si tratta di un nemico. Il mio compito è quello di salvare la vita di chi ho davanti, senza badare alla carnagione, o al fatto che sia uomo o donna. Noi siamo solo impegnati nel salvargli la vita. E questo è il principio ebraico che ho citato [e il motto del MDA].”


Shunit, che quella mattina del 7.10 stava tornando in Israele da un viaggio in Polonia e che si è poi diretta immediatamente verso la stazione MDA a cui era assegnata, nonostante i suoi figli sentissero gli spari dei terroristi fuori di casa, ci spiega che “al MDA ci sono tante regole e protocolli, ma nel momento del pericolo (che lei e tanti altri soccorritori hanno vissuto) si dà precedenza al buon senso.” È per questo che i risultati di MDA sono stati sorprendenti, perché un istinto, un impulso, ha prevalso nelle situazioni incerte e ha permesso loro di agire in condizioni di pericolo e di stress tanto estreme. “Ciò che mi dà oggi sostegno è l’unione del popolo ebraico (in Israele), ma non solo, è il sostegno degli ebrei sparsi nel mondo, che si stringono attorno ad Israele.” Sono questo sostegno e questa forza che ha ricevuto che le permettono di tornare in patria con energie rinnovate, perché la situazione è ancora molto molto difficile. “Desiderio per il futuro di poter tornare alla tranquillità della vita e alla bellezza delle piccole cose e della famiglia”, conclude.


È di Daniel Burger, Direttore Esecutivo del Magen David Adom UK, l’appello diretto a sostenere il MDA alla luce di tutto quanto visto e sentito. Perché Israele non è più lo stesso dopo il 7 ottobre. Perché ha subito un attacco di una ferocia mai vista, perché ci sono ancora ostaggi non liberati, perché il conflitto è ancora in atto e riempie le strade. Sono decuplicate le richieste di soccorsi pervenute alla Centrale Operativa del MDA, molte disperate, da chi si trova i terroristi a pochi metri di distanza. Sono centinaia le dosi di sangue donate a seguito della campagna messa subito in atto dalla Banca del Sangue del MDA all’indomani dell’inizio del conflitto, e sono altrettante centinaia i litri di latte materno che la Banca del Latte del MDA ha provveduto a raccogliere tra le donatrici per nutrire i bambini orfani o le cui madri hanno subito degli shock dovuti al conflitto, o che sono impegnate come soldatesse al fronte.


Burger chiede ai sostenitori italiani, che pure hanno già fatto tanto, di non abbandonare MDA. E di donare in special modo per dotare le ambulanze e i soccorritori di protezioni anti proiettile, e per la realizzazione del progetto Community Immediate Response Vehicle, che gli Amici di MDA Italia promuovono direttamente. Si tratta di dislocare nelle piccole comunità in Israele ad altissimo rischio di terrorismo 200 veicoli leggeri, dotati di tutto l’equipaggiamento salva-vita presente sulle ambulanze, attivi 24/7 con un team medico residente in loco, in modo da aggirare la prospettiva reale di un blocco o danneggiamento delle infrastrutture e linee di comunicazione ad opera dei terroristi, situazione che non permetterebbe ai soccorsi di arrivare in tempo dalle sedi MDA presenti sul territorio fino ai molti luoghi delle chiamate di emergenza.

Servono 15 mila euro per ognuno di questi veicoli leggeri. Trecento mila euro per corazzare invece una ambulanza, che è un veicolo che non dovrebbe essere corazzato, e 1000 euro per proteggere ogni paramedico. Questo è il costo per proteggere chi vuole solo salvare vite senza giudicare, anche dei nemici, e che invece è sotto il fuoco diretto dei terroristi. Questa è una violazione della Convenzione di Ginevra e della Carta dei Diritti Umani, è oltraggioso. E, stando così le cose, è nostro dovere proteggere i nostri soccorritori.


Burger spiega la collaborazione consolidata delle associazioni amiche di MDA italiana e inglese, che porta ora l’intervento anche di MDA UK in questo importantissimo progetto di raccolta fondi, con ogni euro raccolto che verrà raddoppiato da loro.

Insieme, uniti in questa emergenza senza precedenti.





 

 

 

 

 

 

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