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Ha fatto il giro del mondo in poche ore la notizia del razzo lanciato sabato da Hezbollah contro il nord d'Israele ed esploso nel villaggio druso di Majdal Shams, nella regione dello Yarden, in un campetto da calcio in un parco giochi pieno di bambini. Tutte le 12 vittime erano sotto i vent'anni, incluso un neonato, e trascorrevano il sabato pomeriggio in una sorta di apparente normalità.

 

Sono infatti quasi 10 mesi che Israele è sotto il fuoco continuo dei terroristi sui due fronti a sud verso Gaza e a nord verso il Libano.


Ciò che si conosce meno è il ruolo cruciale del Magen David Adom, che dal 7 di ottobre scorso è in modalità emergenza e il cui livello di allerta è altissimo. Questo significa che sono stati avviati protocolli tali da affrontare nella maniera adeguata tutte le problematiche che sorgono nel corso della guerra: tra essi, raddoppiamento del fronte (con conseguente spostamento al nord di equipaggiamento medico e sacche di sangue nell'ospedale sotterraneo di Haifa), attacchi multipli (Progetto First Rescue Community Vehicle - dislocamento di mezzi leggeri nelle piccole comunità a rischio terrorismo, Progetto Magen - formazione al primo soccorso dei residenti), blocco delle comunicazioni (è stato proprio della settimana scorsa un globale blackout dei computer, prontamente aggirato da MDA) per cui si prevede che soccorritori guidino delle moto mediche fino al sito dell'emergenza e tornino con le informazioni necessarie a far partire le ambulanze.

 

Nell'emergenza di sabato, i soccorsi sono arrivati al campo di calcio pochi minuti dopo l'impatto del razzo, nonostante il territorio sia difficilmente raggiungibile e le comunicazioni disturbate. È stato eseguito subito un triage e quindi le cure salva-vita. Purtroppo, 10 dei 40 feriti sono stati dichiarati deceduti sul colpo, mentre 2 sono morti dopo l'arrivo in ospedale.

 

Uno dei residenti locali, il Dr. Taliya Abu Awad, anestesista e volontario druso per il Progetto Magen, racconta: "Sono arrivato sulla scena che era davvero terribile. Spero che nessuno possa provare quello che hanno vissuto questi bambini... La vista era davvero difficile. Ho aperto la mia borsa del soccorso e ho preso tutte le attrezzature, iniziando a eseguire le intubazioni sul campo, cercando di stabilizzare le condizioni dei bambini. L'attrezzatura che ho ricevuto dal MDA era simile a una nave che si manda a una persona che sta affondando. Mi ha salvato. Grazie a queste attrezzature, sono stato in grado di aiutare i bambini. C'erano così tante vittime che ho usato tutte le attrezzature. Da allora non sono più riuscito a chiudere gli occhi. Siamo tutti in lutto.

Ringrazio il MDA per essere arrivato così rapidamente e per il soccorso offerto; ho sentito il calore e la preoccupazione di tutti i miei colleghi ebrei in MDA."

 

Il Direttore Generale di MDA, Eli Bin ha affermato: "Il Magen David Adom lavora a fianco delle squadre mediche delle IDF e altre forze di sicurezza. Le squadre di MDA sulle alture del Golan sono arrivate rapidamente sulla scena e hanno fornito un trattamento rapido e professionale alle vittime. Ancora una volta abbiamo visto la determinazione del team di MDA determinato a salvare vite in un luogo sotto il fuoco nemico.

Il nostro cuore è con gli abitanti di Majdal Shams e i nostri fratelli drusi in questo tragico giorno.

Inviamo le nostre più sincere condoglianze alle famiglie dei morti e auguro una pronta guarigione ai feriti.

 

Il progetto Magen è stato attivato dal MDA per reclutare volontari con formazione medica per rafforzare la risposta medica nelle comunità. Il progetto mira a costituire una Unità di Primi Soccorritori—dotati di attrezzature avanzate e veicoli di salvataggio-- che possa unirsi alle squadre di sicurezza e offrire il primo soccorso prima dell'arrivo di squadre MDA. Centinaia di medici dell’IDF, paramedici e medici si sono uniti al progetto in tutto Israele.

Nell'evento di sabato, 4 medici del Progetto Magen, equipaggiati con kit MDA, sono arrivati rapidamente sul luogo dell’attacco del razzo, e hanno iniziato trattamenti avanzati, dimostrando ancora una volta l'importanza della resilienza medico-civile, soprattutto nella periferia.

 


 

 

 

 

 



Non è una questione di "se", ma di "quando". Già impegnato su due fronti, a sud e a nord, Israele guarda ad un futuro purtroppo prossimo, quando verrà dichiarata guerra aperta con l'organizzazione paramilitare e antisionista libanese Hezbollah. Lo sanno i cittadini di tutte le etnie e religioni, e sono tutti egualmente spaventati.

 

Magen David Adom è già pronto e al loro fianco. La collaborazione stretta tra il governo, Magen David Adom e le forze di difesa ha permesso la realizzazione e l'allestimento del più grande ospedale sotterraneo del mondo. Sito a Haifa, la città più popolosa al nord, è pronto ad accogliere 2000 pazienti. Con solo 45 km di distanza dal confine col Libano, Haifa rappresenta un target altamente probabile, e qui presso l'Ospedale Rambam è stato preparato questo enorme complesso sotterraneo, che ospita anche una sede del MDA e una camera blindata con una riserva di sangue tale - con centinaia di litri di tutti i tipi di sangue - da poter sostenere da sola un numero altissimo di trasfusioni per molti giorni.

 

La camera e il complesso si sviluppano al terzo livello sotterraneo, in quello che normalmente è un parcheggio auto coperto, costruito però nel 2006, all'indomani della seconda guerra con il Libano e in preparazione oculata di una futura, con l'idea precisa di poterlo convertire velocemente in ospedale dotato di tutto il necessario a ospitare qualche migliaio di persone tra pazienti, staff e famiglie, queste ultime sistemate nei livelli superiori.

 

Il complesso è stato realizzato con le migliori tecnologie costruttive e tecnologiche, ed è protetto contro attacchi missilistici, chimici e informatici. Al suo interno, scorte di medicinali, acqua, ossigeno, cibo sono interamente sufficienti per mantenere tutto il sistema efficiente per 3 o 4 giorni di completo isolamento e fino a 3 settimane con un piccolo flusso dello stretto necessario.

 

Uri Shacham, capo di tutto il personale MDA, spiega che questo complesso diventerà il centro di tutte le chiamate di emergenza allo scoppio della guerra, in modo da essere prossimi ai luoghi dove prestare soccorso. Il numero 101 continuerà a funzionare normalmente, dice, perché il complesso è completamente sicuro, connesso, e permette di rispondere alle emergenze anche sotto attacco missilistico.

 

Campagne massicce di donazioni di sangue, pianificate attentamente da MDA, hanno reso possibili le scorte al riparo nella camera blindata: MDA ha coordinato tutto in modo tale da distribuire il grande flusso di israeliani che, ogni volta che la situazione diventa difficile, desiderano donare il loro sangue. Ogni dose da 500 ml può salvare fino a 3 feriti, e le trasfusioni sono cruciali sul campo di battaglia, dove arrivano mezzi speciali del MDA, veloci e leggeri, perfettamente equipaggiati per questo scopo.

 

Centinaia di altri veicoli leggeri di primo soccorso sono stati distribuiti da MDA a tutti i villaggi ritenuti ad alto rischio terrorismo (grazie alle donazioni provenienti da tutto il mondo e anche dall'Italia), e si sono tenuti corsi di formazione per abilitare quanti più cittadini possibile alle prime manovre salva-vita.

 

Anche se ci dovesse essere una paralisi completa delle comunicazioni - cosa che tutti si aspettano, dice Shacham, poiché Hezbollah ha la capacità di farlo - MDA ha già preparato un modo per aggirare il problema: dei paramedici raggiungeranno i luoghi di emergenza con delle moto mediche, prestando le cure essenziali e tornando con informazioni necessarie a coordinare e inviare le ambulanze.

 

MDA da quasi cento anni collabora con il governo e con le forze di difesa per assicurare la sopravvivenza dei cittadini ad ogni nuova guerra. Questo bagaglio di esperienza oggi vuol dire un livello di progettazione, di logistica e di preparazione che assicura molte più chance di riuscita e interventi mirati, tempestivi ed efficaci, per mantenere in vita i cittadini di Israele.

 

 

Liberamente tratto:

 

 

 

 



 

 

 

 

 

Salvare la vita delle persone, senza distinzione alcuna, è una priorità che noi Amici del Magen David Adom Italia prendiamo molto sul serio. È per questo che ogni anno organizziamo dei corsi di primo soccorso per adulti e bambini, volti a insegnare conoscenze che riteniamo dovrebbero essere bagaglio di tutti i cittadini. E, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, sono soprattutto i bambini e i giovani in genere che, in caso di necessità, riescono a mantenere una lucidità maggiore e ad agire, se si insegnano loro poche cose fondamentali da fare.

 

È questa l'idea che sottende il nostro lavoro di divulgazione presso le scuole e i centri giovanili.

 

Il progetto, “Salvare una vita è una cosa da ragazzi”, realizzato col patrocinio dell'UCEI e grazie anche al sostegno dell'Associazione medica ebraica, specificamente formulato per gli studenti di tutti gli ordini dalla primaria alla secondaria, e declinato con complessità crescente a seconda dell'età dei partecipanti, ha avuto come ultima tappa Firenze.

 

Nella giornata del 18 giugno, presso la Comunità Ebraica della città, si è svolto il corso di primo soccorso rivolto ai bambini del Summer camp del Talmud Torà in collaborazione con il Comitato di Firenze di Croce Rossa Italiana. È stato svolto in due sessioni, la prima per i bambini dai 6 ai 10 anni, la seconda per i ragazzini dagli 11 ai 14.

 

Obiettivi del corso sono stati l’ABC del Primo Soccorso, l’attivazione del Servizio sanitario di emergenza con la chiamata al 112, le emergenze respiratorie e circolatorie, le lesioni della cute e i piccoli incidenti domestici di cui i bambini hanno normalmente esperienza.

 

I bambini hanno accolto l’iniziativa con sincero entusiasmo e c’è stata grande partecipazione, con domande e interventi. È stato spiegato cosa si intende per primo soccorso e come riconoscere un’emergenza per poter chiamare il 112 solo in caso di reale necessità. Frequenti sono infatti state le domande se il naso che sanguina o una abrasione sono un motivo sufficiente per chiamare un'ambulanza. La formatrice ha quindi posto l'accento sullo stato di incoscienza di una persona, che si verifica quando qualcuno non risponde se sollecitato o non respira.

 

Se ci si trova in un caso simile, la prima cosa da fare è gridare ed attirare vicino altre persone in modo che ci aiutino. Secondo passo è analizzare la sicurezza della scena. È stato ben spiegato che ci si deve assicurare che non ci siano pericoli nell’avvicinarci alla persona che dobbiamo soccorrere, e che se necessario è possibile spostarla per metterla in sicurezza.

Terzo passo, chiamare il 112 e spiegare cosa succede e dove siamo, seguendo poi le istruzioni dell'operatore.

 

Ai bambini e ragazzi è stato inoltre insegnato come praticare il massaggio cardio-respiratorio, da iniziare subito per permettere agli organi di mantenere l'irroramento sanguigno, e anche se si teme di far male, perché si deve assolutamente impedire la necrosi dei tessuti, le cui conseguenze sono ben più gravi di una costola incrinata.

 

Per riprendere le parole della Dott.ssa Barbara Paladini, che ringraziamo molto, "tutti, anche i bambini, possono essere il primo anello della catena della sopravvivenza. Se viene a mancare un anello, non è più una catena, solo due pezzi separati. Affinché una persona possa sopravvivere in caso di emergenza, è necessario che ci siano tutte le fasi della catena: la chiamata ai soccorsi, la valutazione della coscienza e le manovre di rianimazione. 

 

Il corso ha segnato una tappa importante nel bagaglio civico di questi e molti altri studenti. Semplici nozioni fanno la differenza nella vita reale e sapere cosa fare è un dovere civico e il primo passo nell'apprezzamento della vita come valore fondante in una società che possa dirsi civile.




 

 

 

 

 

 

 

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